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Tutta la vita di un emicranico sembra fatalmente dedicata all’attesa di un nuovo attacco. Se la vita ci fa vivere una tregua, questa viene inevitabilmente vissuta come un’amara attesa del peggio. Ci lasciamo prendere così da una strana frenesia di compiere tutte quelle incombenze che avevamo rimandato a tempi migliori. In questo modo non ci godiamo neanche la tregua e la stanchezza finisce con il divorare l’entusiasmo. È così la nostra vita: una lotta per combattere il dolore e una paura latente di riviverne gli sconvolgenti risvolti.

E poi? Eccolo di nuovo arrivare il dolore e assalirci con vivida forza. Di fronte a lui si abbassa la voglia di reagire e già ai primi colpi inflitti con cattiveria immane, cadiamo riversi senza neanche la forza di combattere. In tempi di gloria usiamo tutte quelle belle frasi di repertorio, tipo: chi cade si rialza, chi combatte vince sempre e bla bla bla. Mentre crolliamo sotto la sferza di un dolore che picchia, cadiamo per non rialzarci se non altro per andare a vomitare o fare pipì. È così, ammettiamolo miei prodi compagni di sventura, e non prendiamo per i fondelli la nostra intelligenza.

Quando il dolore arriva è lui che vince, già in partenza. Una sola cosa possiamo fare durante le tregue: volerci bene e non usare le poche forze rimaste per correre in farmacia e riempire il nostro armadietto e la nostra borsa di farmaci che sembrano aiutarci e ci divorano piano piano. Usiamo il cervello e cerchiamo qualcuno che possa aiutarci con competenza e professionalità. Seguiamo ogni piccolo dettaglio delle raccomandazioni e obbediamo senza far finta di essere forti solo per contraddire chi ne capisce più di noi.

Quando poi ci viene più comodo stramazzare su un letto o un divano che abbraccia il nostro pianto, facciamoci rimbalzare verso la vita che ci aspetta a braccia aperte.

By Vicky