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Le poche volte che guardo alla mia storia di emicranica cronica, noto anche gli errori che ho commesso.

Non si tratta, attenzione, di un volermi colpevolizzare, quanto piuttosto di voler forse impedire, a chi avrà la pazienza di leggermi, di fare gli stessi errori.

In passato, vittima di incomprensione perché inesorabilmente ammalata di un male invisibile, finivo, non so perché, con il non prendermi sul serio. Andavo avanti fingendo di stare bene.

Quando in una giornata iniziata con il dolore lancinante, ero andata comunque a lavorare. Quando sul posto di lavoro nessuno per fortuna si era accorto di quanto fosse pesante per me anche il solo salire le scale o parlare, o correre da una parte all’altra come vivessi un incubo. Quando tornavo a casa e i figli avevano i loro problemi e aspettavano le mie risposte alle loro esigenze. Quando si aggiungevano i problemi della normale quotidianità, io avrei preferito sprofondare in un buco nero e lasciare che si disperdessero ogni mia traccia e voglia di farsi ritrovare. Invece sfoderavo un sorriso stereotipato e lasciavo credere, a chi mi circondava, che tutto stesse andando alla grande.

Come se non fosse bastato, se qualcuno mi chiedeva: hai mal di testa? Ma non era l’affetto nei miei riguardi a fargli formulare la domanda quanto il voler cazzeggiare accompagnato da un sorrisetto sardonico, io partecipavo apparentemente divertita alle battute di repertorio. Il risultato era una nausea profonda, non solo come sintomo associato alla cefalea, ma come disgusto per me stessa, sciocca complice di una continua offesa alla mia intelligenza e al mio essere sofferente.

Del nostro patire, attenzione, dobbiamo avere rispetto noi per primi che lo viviamo e l’atteggiamento di risolutezza che deve seguire, deve tradursi in un prendere le decisioni giuste.

Quando ho smesso di prendermi in giro abbuffandomi solo alla tavola imbandita di terapie fai da te, ho preso il telefonino ed ho composto il numero di un centro della cefalea. Non ho riso, non ho fatto battute e non ha scherzato neanche un po’ il medico che mi sono trovata davanti poco tempo dopo. Mi ha incoraggiata e curata, questo sì, e tante delle consapevolezze che oggi ho, le devo a lui.

By Vicky