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Sul palcoscenico della vita siamo attori protagonisti ognuno della nostra storia. Decidiamo quali persone far stare con noi a calcare la scena. Decidiamo quando tocca loro esibirsi, quando devono sparire o continuare a circondarci di effusioni. Decidiamo se alzare o abbassare le luci, se farle convergere su oggetti o situazioni cui diamo più o meno importanza. Cambiamo noi lo sfondo e curiamo il più possibile i particolari. Certo mettiamo in conto che non tutto può essere controllato dal nostro cervello o dal nostro cuore, ma l’uno e l’altro vengono poi guidati sapientemente da noi a seconda delle variabili.

Nella vita di un emicranico le cose non stanno proprio così.

Noi non siamo attori protagonisti perché vero istrione dello spettacolo è il dolore.

Sembra enfatica questa affermazione, ma sfido chiunque a contraddirmi e a trovare delle giustificazioni valide nel sostenere il contrario.

Ogni giorno c’è qualcosa da vivere, ci sono impegni e cose belle o meno belle da affrontare, metabolizzare. Ci sono nodi da dipanare e cieli sereni o nuvolosi che illuminano o oscurano il nostro incedere. Ma se abbiamo un impegno di lavoro improrogabile e non possiamo essere sostituiti da nessuno, se abbiamo una cena importante o il parrucchiere e l’estetista che ci aspettano, se la vacanza programmata da tempo immemore è lì con valigie e i biglietti ad aspettarci in tutto il suo fascino, si devono abbassare le luci e il famoso occhio di bue o fascio illuminante a cono mette in evidenza il dolore: lui inizia la sua recitazione sconvolgendo la nostra vita. In men che non si dica cambia tutto nella nostra anima e tutto quello che segue lascia brandelli di forze e incapacità a volte anche di esprimere concetti, di formulare frasi, di pensare addirittura.

Ma tutto questo risulta incomprensibile purtroppo per chi questa situazione non la vive o non la studia. Io personalmente mi sono stancata di spiegare e disquisire sul mio malessere con chi non lo conosce e ne sminuisce gli effetti devastanti. Mi faccio rispettare, questo sì, perché per troppo tempo non mi sono rispettata io in primis e ho lasciato che la mia anima venisse ferita e non soltanto dal dolore.

Chi non capisce rimane nella sua ignoranza e io rimango ad affrontare ciò che c’è da affrontare aiutata da chi ha le competenze idonee a farlo.

In questo modo è vero che il dolore ogni tanto mi ruberà la scena, ma sarò sempre io, comunque, a scrivere il copione.

By Vicky